lunedì 23 maggio 2016

Altro regalo.

Da Emanuela.
"Sei arrivato così, in punta di piedi, a demolire le nostre certezze per costruirne di nuove. Ci hai fatto sapere di te mentre, in vacanza, percorrevamo l'Italia da nord a sud, aggrappandoti alla vita con tenacia. Sei cresciuto piano piano, laddove mi aspettassi una pancia ingombrante come quella dei tuoi fratelli, tu stavi li, raggomitolato come un gattino, occupando il tuo piccolo spazio con discrezione, senza nessuno di quei fastidi notturni che avevo imparato a conoscere così bene... Tu che ad ogni ecografia ci davi un piccolo segno, mi facevi stare col fiato sospeso per poi tranquillizzarmi: non preoccuparti mamma, quella cisti non c'è più... il flusso ora va bene...
Tu che durante la gravidanza, nelle mie letture via web, puntualmente mi facevi soffermare su esperienze di famiglie con figli speciali e confermavi nel mio cuore quella scelta, la scelta di non fare diagnosi prenatali invasive, perché se non potevano servire a una eventuale cura in utero, ma solo a decidere per la morte, beh, non faceva per me. Per noi.
Intanto io consolidavo la mia idea di accoglierti comunque fossi, perché in ogni caso saresti stato il mio bimbo. Una scelta intima, di testa e di cuore, di getto, senza impegno, senza cognizione di causa, senza consapevolezza.
Sentivo che saresti arrivato in anticipo: la tua mamma fa una vita un po' movimentata... così, con tre settimane di vantaggio sulla tabella di marcia, mi hai fatta correre in ospedale. Il momento era il meno opportuno: io febbricitante, a casa tutti con la tosse, il tuo fratellino più piccolo (che adesso è a pieno titolo anche lui "fratello maggiore") con la febbre alta e a rischio convulsioni...
Nonni e zii precettati, lasciati tra nipoti e flaconi di medicine, fermenti, integratori, fisiologiche, compiti e responsabilità. Un ottimo team, tutti. Grazie... in questi giorni, quando ti abbandoni un po' agli eventi e non sei mai in tutti i luoghi dove vorresti, una mamma impara che per quanto sia importante, neanche lei è indispensabile...
La sera del giovedì Santo, alle 21, è cominciato il travaglio. Il travaglio per una donna è dolore e sangue, ma ad ogni contrazione immaginavo il mio corpo modificarsi per darti al mondo. Così il dolore acquistava senso e diventava quasi piacevole...
Tra una contrazione e l'altra dormivo. Il dolore mi svegliava e segnavo l'ora con un messaggio a Marco. Lui era andato a riposare e si chiedeva cosa fossero quei numeretti (uomini!)... Verso le 2 di mattina mi sono alzata dal letto per andare sulle mie gambe in sala parto, prima di non riuscire a farlo più.
Avevo i brividi addosso, sentivo tanto freddo. In effetti avevo 36,5 di alterazione, che per una maestra con gli anticorpi come i miei è già febbre!

In sala travaglio un'ostetrica minuta, con la voce dolcissima, mi ha accompagnata con discrezione in quelle ore. Ho telefonato a Marco perché venisse.
Nella notte tra il giovedì e il venerdì Santo, la mia veglia nell'orto degli ulivi è stata questa. Ad ogni contrazione recitavo un Padre Nostro e un'Ave Maria. Con quelle preghiere attraversavo il mio dolore, stringendo forte la mano a Marco. Poi c'era la pace, addirittura il sonno ristoratore.
L'ostetrica mi guardava ammirata, diceva che sembravo non soffrire, mi consigliava di alzarmi, scegliere come stare, di vocalizzare per sentirmi meglio... ma come fai, mi ha chiesto? Sto pregando.
Se avete visto film su una nascita o assistito a parti, o ancora partorito, saprete che le contrazioni si fanno sempre più forti e ravvicinate.
Per me no.
Ma mai come stavolta. Questa volta tanto tempo tra una e l'altra. Quando sentivo di spingere, poi una lunga pausa riportava tutto alla pace. Ogni tanto sentivo i piedini di Francesco puntarsi sotto le mie costole. Piccolino, si stava dando da fare... Domandavo all'ostetrica se fosse colpa mia, se non mi impegnassi abbastanza. Lei mi rassicurava: è tutto fisiologico. Infatti non mi ha toccata, ci ha lasciato i nostri tempi...

Ogni tanto un'altra ostetrica si affacciava socchiudendo la porta scorrevole. Sembrava venire a respirare una strana pace in quella stanza, mi guardava chiedendosi come mai una partoriente, nel pieno delle doglie, sembrasse non soffrire. Invece soffrivo eccome.
Monica, delicatamente, disegnava piccoli cerchi sulla mia schiena, all'altezza dei reni... che sollievo. Ho chiesto a Marco di farlo, massaggiandomi anche lui lì. Ha cominciato a massaggiarmi le spalle.
Amore scusa (non sono di quelle che prendono i mariti a parolacce, almeno non quando partorisco), ti ho chiesto "sui reni". E lui: perché, dove sono?
Ok, lui è grafico, la radiologa è sua sorella per fortuna.
Le ore passavano, stava albeggiando. Sentivo gli uccellini cinguettare... (nessuna droga, neppure l'anestesia).
Alle 7 lei mi ha salutata: c'è il cambio turno, devo passare le consegne. Stai tranquilla, se hai bisogno chiama, siamo nella stanza affiancoMi sono sentita impaurita, anche se Marco era lì. Sentivo arrivare la contrazione, gli ho chiesto di chiamare, perché saresti nato in quel momento. Francesca, l'ostetrica del nuovo turno, ha fatto appena in tempo ad affacciarsi sulla soglia e prendere la tua testolina tra le mani, perché con tre spinte tu sei venuto alla luce, avvolto come in fasce nel tuo sacco integro. Nato con la camicia, bimbo fortunato. Venerdì Santo, 25 marzo, il giorno dell'Annunciazione di Nostro Signore.
Ti hanno appoggiato sul mio petto, un po' piangevi, poi no... mi sono preoccupata che ti coprissero, che ti pulissero. Ti hanno portato via e in un attimo intorno a te si sono affollate quattro persone, parlando del tuo cordone.
Dopo poco la pediatra si è avvicinata. Ho avuto l'impressione che volesse darci una notizia difficile, così, quando ha cominciato a fare l'elenco delle cose positive che aveva riscontrato, non ero attenta e sinceramente non ne ricordo neanche una, talmente ero concentrata a capire dove si concludesse il suo discorso, ma in realtà già sapevo cosa stava per dire.

Lo avevo avvertito.
Marco era sgomento. Tu lo sapevi? Perché non me l'hai detto?
Li si sono scontrati i nostri due mondi. Il mio, femminile, di chi accoglie la vita, prende le cose di pancia e di cuore, senza pensare troppo alle conseguenze. Il suo, maschile, più razionale, pronto ad analizzare la situazione e magari vederne i lati più impegnativi e pesanti.
Francesco non ha foto di quel momento. Io presa dal conoscerlo, cercando di attaccarlo al seno, tra il tubicino della flebo e la posizione scomoda della barella, Marco con le dita freneticamente impegnate a scrivere alle mamme quella notizia, a trovare le parole.
Francesco è nato, un bimbo speciale.
Perché tu sei venuto a noi con quel cromosoma in più, che in tante famiglie ti avrebbe reso un indesiderabile. Ma sei nato nella famiglia perfetta per te.
Fin dalla prima gravidanza non ho mai voluto fare indagini genetiche. Non ho mai accettato quell'1% di rischio di aborto dell'amniocentesi, a fronte di una scelta già fatta. Aspettando Matteo, mentre ero a letto con il distacco del sacco, mi ero imbattuta in un servizio su bambini con sindrome di down e già allora avevo capito che, comunque fosse, sarebbe stato mio figlio.
Tuttavia mi hanno stupita la serenità e la gioia. Sì, la gioia vera proprio per il tuo cromosoma in più, quella davvero non me l'aspettavo...
Le tue nonne che hanno pianto, lì per lì, posso capirle (anche se nonna Nana dopo 5 minuti era in macchina per conoscere il suo nuovo nipotino preferito, aggiunto alla lista dei 4 preferiti, cioè tutti!), le mie zie, che cercavano parole di conforto e sembravano non saper cosa dire perché quelle, a me, davvero non servivano... forse non capirò soltanto le persone che si preoccuperanno per noi... come può preoccupare tanta benedizione? Io mi sento scelta, privilegiata, particolarmente amata, come mamma. Da te, Francesco, che devi avermi puntata dall'alto e forse, nella tua innocenza mi hai un po' sopravvalutata, ma soprattutto da Gesù, che invece mi conosce bene e non può essersi sbagliato. Se mi ha dato fiducia lui, posso ogni cosa che mi chiederà. Tra l'altro non da sola. Con un marito che si scoprirà certo più forte di quanto crede, due famiglie alle nostre spalle che sono rocce per noi e i primi miracoli intorno, come le parole una tua zia: magari Francesco è arrivato "perché cambiassimo idea"... e l'idea del mondo lo sappiamo qual è, che ciò che non rientra nei canoni va eliminato, alla radice. Invece tu ci sei e sei cosa buona, perché il Signore non fa mai nulla di sbagliato, né niente per renderci infelici.
In una famiglia normalmente felice, mancavi tu a farci straordinariamente felici.
Così eccoti qui, in punta di piedi, mentre con tenacia e dolcezza stringi le mie dita e dici: io ci sono. Un inno alla vita e un segno per chi ancora non comprende. Grazie Francesco, amore mio, cercheremo di meritare la tua fiducia."

giovedì 19 maggio 2016

Ecco

L'articolo che spiega la ricerca sulla parte critica del cromosoma è indicato sotto la foto del bimbo. Aprile 2016.

mercoledì 18 maggio 2016

4 cousins

"Come sorella di Sebastiano (il ragazzo con la sindrome di Down nel video) non l'ho mai guardato con occhi diversi e non mi sono nemmeno mai stupita del fatto che abbia sempre avuto tanti interessi quanti me o i miei familiari. Vedendo invece le reazioni di tante persone ho capito quanto poco si conoscano i reali limiti della sindrome di Down. Conosco ragazze e ragazzi con questo handicap che ballano egregiamente, nuotano in competizioni regionali, recitano in teatri, ecc… Cose che tante persone danno per scontato che non siano in grado di fare! Ho ideato questo video per mostrare che dandogli le stesse possibilità e credendo in loro, possono fare esattamente tutto ciò che fanno le persone definite “normali”. Perché a volte la differenza è molto più nei nostri occhi che nelle loro reali abilità."

Camilla.

grazie Camilla per quello che mi hai scritto!


http://www.famigliacristiana.it/video/4-cugini-di-cui-uno-con-la-sindrome-di-down.aspx

Video tratto da Famiglia Cristiana.

da parte di Pier Luigi Sforza

"Voglio ringraziare pubblicamente i Prof.ri Pierluigi Strippoli, Guido Cocchi e tutti i loro staff. Ieri pomeriggio hanno fatto capire ai quasi 400 studenti che erano li per ascoltarli (e anche qualcuno come me che con gli studenti non c'entrava nulla.......) cosa sia davvero la medicina e la ricerca: guardare la persone, prendersene cura e analizzare la realtà. E la realtà dice anche che portare avanti una ricerca genetica per migliorare la qualità di vita delle persone con #sindromediDown significa superare mille difficoltà sia ideologiche che economiche. Ma questo gruppo di medici non si è scoraggiato e ha continuato a lavorare da ormai tre anni sull'idea che per primo aveva intuito il Prof. Jerome Lejeune (scopritore della causa della sindrome di Down) anche quando i soldi in cassa mancavano e quel poco che ancora oggi arriva è soprattutto grazie a Fondazioni, aziende private e persone che credono in questa ricerca. E ieri, con la modestia e l'umiltà che li contraddistinguono (doti non affatto comuni), hanno lanciato un messaggio ben preciso ai prossimi medici "amate il paziente e odiate la malattia" (che poi era quello che diceva sempre Lejeune).
In tutto questo diventa quasi secondario che la prima parte di questa ricerca (made in Università di Bologna) sia stata pubblicata di recente da una importante rivista scientifica mondiale (Human Molecular Genetics, Oxford).
La cosa più importante per noi genitori di bambini e ragazzi con sindrome di Down è saper di poter contare su medici e ricercatori che hanno davvero a cuore chi nasce con un cromosoma in più e che tutto il grandissimo lavoro che stanno facendo lo stanno facendo solo ed esclusivamente per questo. Grazie !!"
Pier Luigi Sforza


E direi che io mi accodo!
http://www.dimes.unibo.it/it/ricerca/biologia/analisi-genomica-e-post-genomica-del-cromosoma-21-umano-in-relazione-alla-patogenesi-della-trisomia-21-sindrome-di-down

Grazie de che?

"No grazie mamma"
"No grazie  mamma"
"No grazie mamma".
Educato il cucciolotto.
Se non fosse che:
" Lui , vieni che devi  vestirti ed andiamo a scuola"
"No grazie mamma!"
"Lui vai a lavarti i denti"
"No grazie mamma!"
"Lui vieni che mettiamo a posto i giochi"
"No grazie mamma!".

E quindi, direi che qui  qualcosa non sia molto chiaro.

lunedì 16 maggio 2016

Stasera


Oggi. Perché la ricerca non si ferma, perché la ricerca dà speranze, perché la ricerca dà certezze.
E quando è vera e buona e mira a proteggere e non ad eliminare, regala vita, non morte.

Ahia!

E poi capita di dover correre dietro ad un figlio ( quello che dovrebbe essere buono, dove-lo-metti-sta, ma al mio bimbo non l'hanno avvertito, quindi è un terremoto) e sentire il ginocchio che fa strock.
E quindi visita al Ps, impalcatura su tutta la gamba, prescrizione di risonanza magnetica, che dopotutto è un po' che non ne facevamo.
In tutto questo , la soddisfazione è quella di avere acchiappato Lui prima che andasse in strada.
Poi però l'ho preso in braccio e, saltellando sono andata alla macchina dicendo:
 " Che male cane, che male cane".
Quindi la finezza è salva, ma Lui mi ha guardato ed ha detto:" Mamma, buba cane?"
 e io:
" No, amore, non è stato il cane."
e Lui.
"No  cane, Mamma. Mamma corre, Lui corre. Mamma buba. Scusa Mamma."

E il male non l'ho sentito più.
Ho sentito la meraviglia della sensibilità di questo bambino di 4 anni che ha capito cosa è successo e mi ha chiesto  scusa.
E l'ho abbracciato,  baciato e gli ho detto:
" Ma noooo, non sei stato tu, tranquillo...."
perché il suo Cuore conta più di tutte le ginocchia del mondo.

E così si è evitato anche la sgridata, il furbetto.

Paola Belletti

E sabato sono andata a Verona, a presentare il libro.
Ma in realtà è stato qualcosa di diverso dal solito.
Ad intervistarmi c'era Paola Belletti, autrice di "osservazioni di una mamma qualunque", libro meravigliosamente umano e soprannaturale.
E siamo uscite dai canoni dell'intervista e siamo entrate in un dialogo tra amiche , che alla fine, ha coinvolto l'intera platea.
E, come vi ho già detto diverse volte,  questi incontri sono grazia.

Volete conoscerla?
Ecco:
https://paolabelletti.wordpress.com/